La vacca Burlina

Una regina per l’altopiano

burlina

I Cimbri erano un popolo di stirpe germanica che colonizzò l'altopiano di Asiago e i Monti Lessini nel Medioevo. Al loro seguito, stando alla tradizione orale, giunge anche la Burlina, una vacca minuta, rustica e frugale, avvezza al pascolo d'alta quota. A verificare l'attendibilità di questa voce di popolo hanno provveduto gli zoologi attraverso esami del patrimonio genetico e della composizione del latte riscontrando notevoli analogie con le razze bovine tuttora residenti nel Nord Europa. Ad avvalorare queste evidenze l'illustre studioso danese Johu Zimmermann fornisce un riferimento storico-geografico davvero intrigante nella persona della regina Burhlina che lega la sua vicenda leggendaria alla regione dello Jutland.

Dopo aver attraversato l'Europa e aver superato la boa del terzo millennio, ce n'è abbastanza perché la Burlina diventi la beniamina della casearia veneta. Eccone il ritratto: bovina di taglia medio-piccola con altezza al garrese di 120-125 cm e peso non superiore ai 4 quintali; giogaia pronunciata e linea dorso-lombare leggermente concava; testa leggera con corna a lira, chiuse in avanti, bianche con estremità scura; mantello in prevalenza nero (60-70%) con pezzatura bianca a margini frastagliati; estremità degli arti e nappa della coda sempre bianchi. Ottime le caratteristiche di comportamento: è una pascolatrice mansueta, volonterosa e frugale, che si inerpica laddove altre vacche disdegnano, accontendandosi anche di brucare ortiche, rovi e quant'altro. Ha eccezionale facilità di parto e spiccato senso materno. È resistente alle malattie e longeva, giungendo a 15-20 anni d'età in produzione, quando altre vacche vengono considerate a fine carriera dopo 5 o al massimo 10 anni. L'attitudine prevalente è il latte, che fornisce in quantità egregia e di qualità eccellente per la trasformazione, ma buona è anche la resa al macello. È una vacca molto rustica ma a suo modo esigente in quanto strettamente legata all'ambiente montano dove può vivere allo stato brado fin dalla nascita. Una vacca davvero d'altri tempi.

La Burlina e la Rendena

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Nel Settecento Vicenza è da circa due secoli sotto l'oculato governo della Repubblica di Venezia che getta le basi per fare dell'altopiano di Asiago il distretto caseario che conosciamo. A sconvolgere questa realtà, però, giunge dall'Est un'epidemia di peste bovina che costringe gli allevatori al reintegro di gran parte delle mandrie. In Val Rendena, dalle parti di Trento, si fanno arrivare dalla Svizzera dei bovini dal mantello castano, robusti ma vivaci, d'indole gentile. La risposta va al di là delle aspettative tanto che da questo ceppo ha origine quella che è destinata a diventare la razza da latte per eccellenza nelle montagne del Lombardo-Veneto.

All'inizio del Novecento, infatti, la razze prevalenti nelle prealpi centro-orientali sono proprio la Burlina e la Rendena, ma altri pericoli si profilano all'orizzonte. Un primo duro colpo viene dall'evacuazione delle zone montane che sono teatro della Prima guerra mondiale, una dispersione cui non verrà mai posto pieno rimedio. Anzi, nel dopoguerra la politica di miglioramento zootecnico messa in atto dal governo darà il colpo di grazia alle vacche dell'altopiano. Racconta Mario Rigoni Stern in un suo romanzo che nel 1933, XII dell'era fascista, giunge l'ordine di eliminare tutti i tori Burlini a favore di una razza svizzera di migliori attitudini, la Svitt, o Bruna Alpina nell'odierna denominazione. I montanari, sospettando l'interesse di qualche gerarca, scendono in piazza per protestare e finiscono in guardina. Allora è la volta delle mogli, che ne reclamano la liberazione al grido di "Viva Mussolini e i tori Burlini" e nessuno ha il coraggio di sfiorare delle donne che inneggiano al capo del governo, seppure con irriverente malizia. L'avvenimento fa grande scalpore ma non serve a cambiare il destino delle antiche vacche dell'altopiano. In questo periodo l'eclisse di molte razze bovine è drammatica: anche se non si estingue, come capita alla Grigia d'Adige, la Burlina si riduce ai minimi termini tanto da indurre in anni recenti la Fao a dichiararla in grave pericolo. La Rendena resiste meglio anche se in un'area molto ristretta.

Oggi, nonostante una maggiore sensibilità al problema, la Burlina resta al di sotto del livello di guardia, con poco più di 200 capi, non molti dei quali in purezza, presenti in pochi allevamenti della provincia di Vicenza e Treviso. Il futuro sembra essere quello di un ritorno ai formaggi di malga, per il mercato d'eccellenza: l'Asiago stravecchio per la Rendena, il Morlacco del Grappa per la Burlina. I primi riscontri sono incoraggianti.

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